





Questo fu un periodo di profondo cambiamento, ristrutturazione e modernizzazione per la città, chiamata ad assumere il ruolo di nuova capitale.
Tutto ciò portò alla nascita di nuovi ministeri, nuovi uffici, con esigenze di spazio per il nuovo apparato burocratico, nuovi spazi per i luoghi della cultura moderna, nuovi musei.
Si fece fronte alle recenti esigenze e richieste abitative per il gran numero di famiglie che il nuovo apparato amministrativo trasferì in città.
Il numero di abitanti a Roma aumentò notevolmente.
Nacque un’edilizia dei poteri nuovi, ricca, caratterizzata da un ideale neoclassico alleggerito dal liberty e talvolta come sviluppo delle masse e dei volumi come immagine del nuovo Stato solido e duraturo, e determinata a distinguersi dall’obsoleta edilizia papalina.
In questi anni anche l’alta borghesia romana subì la spinta verso opere di urbanizzazione volte a rendere più eleganti e funzionali i propri palazzi, nei cui salotti spesso si ritrovava il meglio dei gruppi intellettuali dell’epoca.
Ed è questo il caso della nascita della Galleria Sciarra, i cui lavori iniziati nel 1886, furono voluti dal principe Maffeo Barberini-Colonna di Sciarra, che intese collegare i vari spazi della sua proprietà a quelli delle sue attività, tra cui la redazione del quotidiano La Tribuna ed il teatro Quirino.
A queste attività il principe aggiunse la rivista letteraria “Cronaca Bizantina”, proseguendo la pubblicazione del precedente editore Sommalunga, che ebbe come direttore, in quel periodo, anche Gabriele D’Annunzio e come punto di ritrovo proprio il palazzo Sciarra.
L’autore della galleria, facente parte dei lavori di ristrutturazione del complesso, fu Giulio De Angelis, architetto con uno stile particolarmente attratto dall’uso della ghisa nelle nuove costruzioni.
Questi progettò un cortile pedonale cruciforme, coperto da una volta in ferro e vetro.
Gli atri d’ingresso presentano delle colonne in ghisa dipinta che hanno una funzione portante, nonostante il loro aspetto esile e leggero.
Tutto il sistema decorativo in stile liberty della galleria, comprensivo di affreschi e di elementi in ferro battuto e in terracotta, venne realizzato dal pittore Giuseppe Cellini, sotto la direzione del letterato Giulio Salvadori e seguendone il suo progetto iconografico sul tema della “Glorificazione della Donna”.
Nella fascia più alta si trovano raffigurate le virtù femminili.
Queste sono rappresentate come figure di eleganti signore, molte delle quali sono dei veri e propri ritratti di alcune belle aristocratiche amiche dell’artista.
Nel cartiglio sopra ogni figura viene indicato il nome del relativo modello di virtù rappresentata: La Pudica, La Sobria, La Forte, L’Umile, La Prudente, La Paziente, La Benigna, La Signora, La Fedele, L’Amabile, La Misericordiosa, La Giusta.
Al primo piano si trova anche una cornice riportante, in numeri latini, l’anno di conclusione dei lavori “MDCCCLXXXVIII”, il 1888.
Nella fascia inferiore sono invece ritratte scene di vita quotidiana femminile e borghese, in cui la giovane signora è proposta durante attività quali ad esempio: La Cura del Giardino, Il Pranzo Domestico, L’Esercizio Musicale, Le Opere di Carità, La Toeletta e La Conversazione Galante.
